Ritmo Titàn Sublime


I.

Titano della volontà, pietra percossa

scintille volano incudine e martelli

monocromo triste il cielo di Stonehenge

totem che piange dell'isola di Pasqua

sopra i lamenti maledetti e le 

dilettazioni della carne debole

come un sasso che vorresti piantare

nel cavo delle anche, nel groppo dei polmoni

l'ansia e gli scuri chiusi ed i tuoi nervi 

spezzati ed i tremori

 

II.

Titano della volontà gli spasmi

del collo deformano la bocca, scialle 

d'ali protese rincorre la rabbia

dell'artigliere infranto, il petto irto 

alla bocca di fuoco del nemico

le spalle calve e chine degli errori

di padri e loro padri, odiati 

evacuati onorati bestemmiati.

Uno sputo!  Che bruci il terreno

che non ha visto chi abbia resistito

e non ci crede

 

III.

Titano della volontà il sentimento 

della rovina, i rimpianti di non 

avere altrimenti, la disfatta

che ti sbatacchia così dolce ...

ma la rabbia come un fremito

schiuma d'epilettico il mattino

quando si resiste, terribile, e

si scollina fra spasmi e schiocchi

di mascelle, di denti digrignati

 

IV.

Titano della volontà abbi pietà 

di te, della pioggia sul tuo viso

ogni pioggia che redime fatiche e vanità

ogni lacrima sul viso tempeste

ed alluvioni, inondazioni che prevedo

resisti cristallino, il ghiaccio mai saprà

sgranare quel rosario dei muscoli già gonfi

di quel petto smisurato e duro

illuso e morto?

 

V. 

Titano della volontà conservi

l'amore nascosto all'invidia degli Dei

infìdi, l'ardore goduto nel sonno dei bambini

consci, la tenerezza protetta come un pulcino

tenero nel cavo della mano

nel curvo dell'ascella, nel caldo

del cuore fra le cosce

 

VI.

Titano della volontà incolonnato dietro chi

ti ha preceduto, sappi che ti amo

che lecco il sale del sudore sulla pietra tua

che bevo l'acqua della fonte degli occhi tuoi 

sottile, che rigenera, che risorge

che fa sì che nasca qualcosa sopra il sangue

che fa sì che il verso teso non sia 

solo la morte, che fa amare e sopportare

i balzi i trilli i voli, le vendette della sorte

 

VII.

Titano della volontà sia alfine io

duro e antico e vecchio e già sentito

forse, ostico e perduto come un colpo

fuori centro, ma saldo e pur piangente 

infisso come un supplizio nel cavo della roccia

nel buco per il palo, nello scavo della croce

per il bene mio che non ho saputo trovare

altrove che nell'intransigenza bambina 

dei pensieri, e nel tepore dei sogni

accogliente, malsano e grande

 

VIII.

Al padre che non hai saputo essere

o padre, io guardo nel segno che non oso 

e se cadono come cadono gli anni

i radi capelli siano ritmati cavalli

al galoppo, e la pazienza come un'ascia

che si batte sopra un ceppo

tintinnare di monete

aspettare un altro verso.

Il primo, cristallino,  

resta un dono degli dei